Le interviste

A tu per tu con la sarta a passo coi tempi…

Abbiamo fatto qualche domanda a Chiara, protagonista della settimana di donneinstoffa con il suo “Chisca”. Curiosi di sapere cosa ci ha raccontato di lei e del suo progetto? Buona lettura!

Qualche parola per descriverti.

Il mio nome è Chiara Scalora (in arte CHISCA, le iniziali del mio nome e cognome), ho 34 anni e vivo a Siracusa. Mi sono cimentata sull’arte del cucito qualche anno fa anche se, devo dire la verità, la passione de “l’arte del fare” l’ho sempre avuta sin da piccola, con mille attività: dal cucinare a fare torte e dolci di qualsiasi tipo, gusto o forma.
Avevo da parte anche una piccola macchina da cucire mai usata, comprata proprio perché moltissimi anni fa avevo voglia d’ imparare e visto che non sapevo neanche mettere un bottone volevo mettermi un po’ su quella strada. Poi un bel giorno di quasi tre anni fa sentivo sbocciare in me un qualcosa che mi attirava verso creazioni handmade. Ancora oggi quando mi chiedo come ho fatto ad imparare da sola senza l’aiuto di nessuno non so darmi una risposta che convinca anche me.

Com’è nata la passione per l’handmade? Quando e in che modo è diventata una vera e propria attività imprenditoriale?

Così è iniziato tutto: i primi mercatini natalizi poi la prima sacca il primo zaino la prima borsa, l’abitino, il pantalone, la maglia, il turbante, la fascia, è stato così che è iniziata la mia scalata a proiettarmi verso il l’abbigliamento e accessori handmade non trascurando oggetti particolari per gli addobbi per la casa nei giorni di eventi particolari, quale Natale, Pasqua ecc. Anche se la mia grande passione principale resta l’outfit donna.

Se dovessi guardare indietro, qual è stato il momento più duro?

Questa mia passione è tutto un periodo duro, perché si è sempre sotto stress e poi c’è sempre da imparare, non si è mai “arrivati” non si può mai dire: ok sono qui!è questo che volevo!! tutt’altro, ci si deve sempre mettere in gioco, sempre aggiornarsi, sempre stare a passo coi tempi e sempre con i piedi per terra.

Come scegli tessuti e materie prime per le tue creazioni?

Ogni momento è buono per fare un giro online per vedere le stoffe, i colori, ciò che più va di moda nel periodo, contattare i vari fornitori, magari facendomi spedire dei campioni o fidandomi unicamente della mia piccola esperienza ordinare stacchi importanti per progetti particolari. Non sdegno però la mia “cara, vecchia” merceria di fiducia di città, dove so già quel che troverò e magari qualche “stacco” particolarmente attraente, e perché no..dei saggi consigli.

Dai tuoi post traspare questa voglia di entrare in contatto con chi ti segue. Quanto pensi sia importante instaurare un rapporto con chi legge e compra i tuoi prodotti?

Adoro le persone che mi seguono e vorrei conoscerle una ad una per ringraziarli personalmente della fiducia che mi danno. Il loro è uno sprono ad andare avanti e non fermarsi alle prime difficoltà.

Che consiglio daresti alle donne che hanno la tua stessa passione?

A chi ha la stessa mia passione la invito a proseguire su questa strada e non lasciare chiuso un sogno in un cassetto. La strada è dura per tutti, ma se c’è anche una sola possibilità..ci si deve credere.

Collabori con altre donne che hanno un’attività simile alla tua? Quanto pensi sia importante una rete di donne unite per valorizzare l’handmade?

Credo nella collaborazione tra donne nel mondo dell’handmade ma è solo un’utopia, purtroppo le ho vissute sulla mia pelle se non su poche sporadiche colleghe, si contano sulle dita di una mano quelle con cui scambio pareri, consigli, dritte.

C’è una creazione alla quale sei particolarmente legata? Magari perché l’hai realizzata in un periodo particolare della tua vita o perché a ispirarti è stata una persona per te importante.

Le mie creazioni sono tutte un pezzo del mio cuore, ne sono affezionata sin dal primo momento dall’arrivo della stoffa a casa al primo taglio, la vedo crescere di giorno in giorno, di cucito in cucito, sono tutte un pezzo di me. Dalla prima all’ultima. Tutte hanno la stessa storia, ogni mia creazione ha dietro di se giorni di voglia di creare, o magari di sconforto, di notti passate in bianco e giorni con i nervi a pelle. Ma anche giorni di felicità, di vita e di allegria.
Sapere che in un posto nel mondo una mia creazione va in giro, un prolungamento di me, è una emozione che non si può capire. Bisogna semplicemente viverla.

Le storie

La sarta a passo coi tempi: la storia di Chisca

Creare per gli altri e per sé stessi, inseguire una passione nata pian piano, passo dopo passo. Andare oltre le difficoltà quotidiane, rialzarsi in caso di caduta: è una storia con tanti spunti di riflessione quella che donneinstoffa porta in scena questa settimana. È la storia di Chiara e del suo “Chisca”.

Siracusa, Sicilia. Parte da qui la storia di Chiara; parte da una macchina da cucire comprata e abbandonata, da una passione per il fare sempre avuta, da un’indole naturale che bussa forte nei pensieri e che spinge a sedersi su una sedia e provare a cucire un piccolo bottone su una stoffa qualsiasi, in un giorno come tanti altri.

Dal bottone alla prima borsa, ai primi pantaloni, ai primi abitini. Nei mercatini per cercare idee, nella merceria di fiducia per le stoffe migliori. Chisca prende il nome e il cognome della sua protagonista, della ragazza che da sola ha imparato a conoscere il mondo della sartoria affrontandone i problemi e le tante difficoltà a questo connesse. Oggi Chisca è un laboratorio in continua evoluzione, fatto di tanta passione, di tanto lavoro e di tempo speso nella ricerca dei dettagli che portano alla perfezione.

Di Chiara abbiamo ammirato la sua voglia di fare, il rapporto con le clienti reali e virtuali che, se potesse, ringrazierebbe una ad una. Il suo progetto insegna ad andare avanti anche quando tutto gira storto, anche quando in pochi credono in ciò che fai. Siamo sicuri che le parole della nostra protagonista possano essere ispiratrici per qualcuno dei nostri lettori. Sono parole che abbiamo raccolto per voi e che, se vorrete, vi aspettano venerdì 11 ottobre sempre qui, sempre sul blog di donneinstoffa.

Qui sotto, intanto, vi lasciamo i contatti di Chisca:

Chiara Scalora-Chisca

http://www.facebook.com/ChiaSca

http://www.instagram.com/chisca_lab

Le interviste

A tu per tu con la ragazza che cuce le fiabe…

Abbiamo fatto qualche domanda a Marlene, protagonista della settimana di donneinstoffa con il suo “Mevrian”. Buona lettura!

Chi sei? Qualche parola per descriverti.

Mi chiamo Marlene, ho ventinove anni e sono nata e cresciuta nella campagna collinare del Lago di Garda occidentale.

Durante la mia vita ho vissuto tre anni a Venezia e sei mesi a Kyoto, due città che mi sono rimaste nel cuore e nell’anima.

Fin da quando ero bambina amo leggere e svolgere qualsiasi tipo di attività manuale: quando vedo svolgere un lavoro artigianale o artistico mi lascio subito conquistare, con il risultato che spesso voglio provare o fare troppe cose ma non ho mai abbastanza tempo.

Mevrian, il nome del mio brand, è preso da un romanzo fantastico di quasi cent’anni fa ed esprime lo stile fiabesco ed evocativo che cerco di dare a tutte le mie creazioni.

Come è nata la passione per l’handmade? Quando e in che modo è diventata una vera e propria attività imprenditoriale?

Creare abiti a mano è una strada che non avrei mai immaginato di intraprendere e ci sono capitata in modo del tutto inaspettato. Nel 2013 sono dovuta tornare forzatamente dal Giappone, dove per motivi economici non ho potuto proseguire gli studi come avrei voluto dopo aver conseguito una laurea e un diploma.

Cercavo un lavoro che riguardasse i miei studi ma la crisi economica e il fatto di non aver conseguito un titolo magistrale e un po’ più esperienza all’estero mi ostacolavano, così mi dovevo accontentare di quello che trovavo, di solito contratti precari: commessa, impiegata in ufficio, cameriera, receptionist in hotel… ho fatto di tutto e ho sempre cercato di non restare con le mani in mano.

È stato mentre facevo un lavoro serale e nei week end che, avendo le giornate libere, mi sono iscritta ad un corso di taglio e cucito.

Inizialmente pensai di averlo fatto solo per curiosità ma con il senno di poi credo che questa decisione affondi le radici a qualche tempo prima: a Kyoto, infatti, ho abitato in famiglia con un’anziana tessitrice di arazzi tradizionali, una delle ultime in vita; questa signora aveva una casa tradizionale giapponese, quelle di legno con i pannelli scorrevoli ed il pilastro centrale dell’edificio era una grossa trave doppia che faceva parte dell’immenso telaio a cui lavorava. Penso che la mia permanenza lì abbia gettato un seme, un amore viscerale per il tessuto che poi ha dato il suo frutto inconsapevole.

Quando mi sono iscritta al corso di cucito sono stata fortunata perché ho trovato una maestra molto pignola che mi ha subito spronato a ricercare la perfezione e la qualità: all’inizio era frustrante, dato che dovevo disfare tutto se c’era anche un piccolo difetto, cucire a mano punti molli e orli interminabili, fare mille prove prima di rifinire… Ora, però, mi rendo conto di quanto devo a quel primo imprinting. È stato grazie a lei che ho deciso che volevo realizzare abiti, e non solo disegnarli o cucirli, ma fare tutto ed essere indipendente: dalla progettazione, al disegno, al modello fino alle rifiniture del capo finito.

Se dovessi guardare indietro, qual è stato il momento più duro?

L’anno appena trascorso.

Nel 2015 decisi che volevo fare seriamente abiti e il mio stile fin dall’inizio era orientato a capi di costruzione complessa e quindi di un certo valore commerciale; questo mi orientava a un mercato difficile, di nicchia e che richiedeva risorse e tempo per dare i suoi frutti, oltre che ancora molta gavetta.

Non avevo le risorse per iniziare l’attività che desideravo e non me la sentivo di pesare ulteriormente su qualcun altro, anche perché all’inizio nessuno, tranne il ragazzo che oggi è mio marito, credeva nel mio progetto.

Sapevo dunque di dovermi mantenere e trovare le risorse da sola, costruendo pian piano il mio percorso.

Mi serviva un lavoro stabile di appoggio, così mi sono iscritta ancora all’università, stavolta nel settore sanitario e, prima con i risparmi che avevo messo da parte per tornare in Giappone, poi con l’aiuto economico dei miei genitori che, un po’ restii sul progetto sartoriale, approvavano però il nuovo

percorso di studi, mi sono laureata l’anno scorso e ho iniziato subito a lavorare.

L’ultimo anno mi è pesato molto sia fisicamente che emotivamente: l’impegno continuativo in università, lo studio e la tesi, il lavoro e poi problemi di salute gravi in famiglia sono tutti confluiti insieme.

Eppure, malgrado tutto e grazie alla fiducia crescente di chi mi stava intorno, non ho mai smesso di disegnare e cucire: lo facevo la sera, il weekend se non dovevo studiare, quando avevo delle pause didattiche o in estate, invece che andare al mare come tutti gli altri.

Portavo anche con me carta, stoffe e manichino quando dovevo risiedere per qualche settimana in qualche città per svolgere il tirocinio fuori sede, per dedicarmici la sera (penso che le mie coinquiline ancora adesso si chiedano se fossi pazza.)

Il mio progetto non è ancora realizzato del tutto, di strada da percorrere ce n’è ancora tanta ma oggi sono più serena, fiduciosa, e qualche piccolo frutto lo sto raccogliendo.

Come scegli tessuti e materie prime per le tue creazioni?

Mi rifornisco solo in negozi e attività italiani e ultimamente sto cercando di orientarmi sempre di più solo verso fibre naturali -ormai da qualche mese non acquisto più materiali di origine sintetica. Ho ancora delle stoffe in poliestere

o simili in laboratorio, ma una volta esaurite voglio rendere Mevrian 100% naturale.

Quasi tutti i tessuti che utilizzo sono pezzi vintage o residui e fondi di magazzino di qualche azienda di moda, quindi prodotti di fine filiera che recupero e ripropongo; poiché sono sempre pochi metri, sono molto esclusivi ma anche difficili da reperire in gran quantità. Per questo posso permettermi raramente di creare una “collezione” vera e propria con abiti replicabili, se non in numeri molto piccoli.

Uso tantissimo le fantasie: le tinte unite sono più facili da abbinare e la gente le trova più semplici da indossare; io, però, punto a offrire qualcosa di diverso, qualcosa per chi vuole cambiare, osare, distinguersi, sognare.

Dai tuoi post traspare questa voglia di entrare in contatto con chi ti segue. Quanto pensi sia importante instaurare un rapporto con chi legge e compra i tuoi prodotti?

Tantissimo. La realizzazione di abiti sartoriali e su misura richiede di conoscere bene chi si ha di fronte: le sue aspettative, le sue insicurezze fisiche ed emotive, l’immagine che vuole dare di sé. Un abito commissionato deve calzare a pennello la persona sia nel corpo che nello spirito.

Instaurare un dialogo è quindi fondamentale e la cosa bella è che una volta instaurato un rapporto di fiducia, le soddisfazioni sia per me che per chi acquista sono sempre tantissime. Penso che sia uno dei lati più affascinanti del lavoro artigianale.

Che consiglio daresti alle donne che hanno la tua stessa passione?

Non sono un’esperta tale da poter dare consigli, sto ancora imparando e mi sento ancora una principiante.

Però vorrei dire soprattutto alle sarte giovani e alle prime armi, di non svalutare mai quello che fanno e non dare mai per scontato che gli altri sappiano quanto lavoro c’è dietro un capo, anche tra operatori del settore: sento molte donne che si fanno pagare troppo poco, meno del salario minimo orario previsto dalla legge italiana.

Il nostro lavoro, però, richiede lunghi anni per essere appreso e pazienza infinita per essere eseguito, sebbene sia ritenuto “da cinese”, troppo faticoso, noioso o poco retribuito. Senza sarti e le sarte il disegno di uno stilista e il modello di un modellista rimangono solo un disegno e un modello.

C’è bisogno di voi, avete un grande valore.

Collabori con altre donne che hanno un’attività simile alla tua? Quanto pensi sia importante una rete di donne unite per valorizzare l’handmade?

A me di solito non piace fare distinzioni tra uomini e donne, ritenendole persone sullo stesso livello; tuttavia mi accorgo spesso che le donne sono più umili, incerte e ritrose a far valere i propri meriti a parità di mansione ed abilità.

Penso quindi che sia molto importante che le donne si uniscano, si confrontino, prendano consapevolezza del loro ruolo e delle loro grandissime potenzialità.

Il potere creativo di un gruppo di donne unite è qualcosa di esplosivo, e finalmente si sta iniziando a rendersene conto.

C’è una creazione alla quale sei particolarmente legata? Magari perché l’hai realizzata in un periodo particolare della tua vita o perché a ispirarti è stata una persona per te importante.

C’è un abito, il primo che ho realizzato in assoluto, che riflette molto come sono fatta: è un vestito dalla costruzione molto complessa per una principiante, con due o tre strati in alcune parti e due tessuti diversi, di cui uno che ha bisogno di un po’ di esperienza per essere cucito in modo appropriato.

Ricordo che quando ho deciso di farlo, la maestra mi ha detto: “Sei sicura? È difficile da fare come primo vestito.”

Io, ovviamente, ero sicura: ci ho messo due mesi a finirlo, ma il risultato è stato così soddisfacente che l’ho indossato anche ad un matrimonio ed è tuttora il mio vestito preferito in assoluto.

L’ho chiamato Belle, ovviamente un nome fiabesco, ed è da sempre disponibile su misura nel mio negozio online.

Al momento sto persino pensando di realizzare la versione lunga in bianco per spose fatate.

Le storie

La ragazza che cuce le fiabe: la storia di Mevrian

Viaggiare, scoprire, perdersi e ritrovarsi dopo un cammino tortuoso, pieno di insidie ma con un finale sorprendente, carico di meraviglia: ama le fiabe la protagonista della settimana di donneinstoffa. Il suo nome è Marlene, il nome del suo progetto nasce proprio da un romanzo fantastico di vecchia data: “Mevrian”.

Lago di Garda, Venezia, Giappone andata e ritorno. In mezzo gli studi ma anche le difficoltà, gli imprevisti che fanno saltare quei piani disegnati nella mente umana che corre e non sente ragioni. Fermarsi per ripartire con più grinta, però, sembra essere il mantra di Marlene. Tornare in Italia, rimboccarsi le maniche per andare oltre gli ostacoli quotidiani, con la passione per l’artigianalità e i tessuti sempre viva, anzi rinforzata da quanto visto in terra nipponica.

Mevrian nasce nei ritagli di tempo, nelle pause da lavoro, nei weekend d’estate passati a studiare l’arte del cucito rinunciando ai bagni al mare. Nasce dalla consapevolezza di poter rendere felice qualcuno facendolo sentire a proprio agio con ciò che indossa, sulla base dei propri gusti, delle proprie preferenze, del proprio carattere.

Punta alla qualità sempre più elevata, Marlene. Guarda ai tessuti italiani, alle fibre naturali ad impatto ambientale vicino allo zero, rinunciando ai tessuti sintetici, più economici sì ma sicuramente meno ecosostenibili.  Mevrian come strumento adatto per chi preferisce osare, per chi ama distinguersi dalla massa senza rinunciare all’eleganza, per chi ama sognare indossando delle stoffe particolari.

Di Marlene ci ha colpito la forza d’animo e la sua determinazione. Il coraggio di cambiare, di reinventarsi quando tutto sembra perduto, quando in pochi credono nei tuoi sogni. Lo abbiamo capito dalle sue parole: sono parole che fanno riflettere e che, se vorrete, troverete venerdì 27 settembre sempre qui, sempre sul blog di donneinstoffa.

Qui sotto, intanto, vi lasciamo i contatti della nostra protagonista in modo da poter curiosare nel suo mondo.

Marlene – “Mevrian”

http://www.instagram.com/mevrian

Le interviste

A tu per tu con la creativa nomade…

Abbiamo fatto qualche domanda ad Elisabetta, protagonista della settimana di donneinstoffa con il suo progetto “Nonna Papera”. Buona lettura!

Chi sei? Qualche parola per descriverti.

Sono Elisabetta, 31 anni e vivo nella provincia di Bologna. Sono un’impiegata part-time, con un diploma in scienze sociali che per ora non ha coinciso con il mio percorso professionale, ma ha aiutato senza dubbio il mio percorso creativo. Bambina, ragazza e oggi madre, ho da sempre lottato contro un corpo non uniforme agli standard ma da un annetto, ho smesso di preoccuparmene soltanto, cercando di lavorare su di me per accettarmi e migliorarmi. Nonna Papera, altro non è, che lo scrigno di tutta la saggezza finora accumulata e un mezzo per condividerla con altri, tramite l’handmade.  

Come è nata la passione per l’handmade?

Purtroppo, o per fortuna, mi piace dare spazio alla mia fantasia. Questo mi ha dato modo di provare, riprovare, conoscere, sbagliare, improvvisare, ma soprattutto…CREARE! La soddisfazione che si prova guardando la propria “opera” conclusa…è indescrivibile!
Negli ultimi 8 anni ho sempre affiancato il lavoro dipendente a tanti hobby creativi: partendo dall’uncinetto, virando verso il chiacchierino ad ago, poi soffermandomi qualche mese sul mosaico, sbizzarrendomi tra i fiori in perline per tornare poi all’uncinetto… finché a Pasqua di quest’anno, mi sono avvicinata per la prima volta ad una macchina da cucire e ho capito subito che sarebbe stato diverso. Il cucito non è solo un hobby, è psicoterapia. Cucendo, ma soprattutto scucendo, si impara tanto di sé stessi. E nel cucito, ho trovato un valido strumento per veicolare messaggi e realizzare contenuti, che possano fare riflettere, oltre che compiacere l’occhio. Non mi definisco sarta, ma più che altro una creativa nomade, che crede di avere trovato finalmente casa tra aghi e stoffe. Questo girovagare, però, non è stato inutile, perché nel frattempo, ho imparato tante cose che mi hanno permesso di migliorare la tecnica, ma anche me stessa! Mettendo a frutto doti, come la pazienza e l’elasticità mentale di cui ero assolutamente sprovvista! 

Se dovessi guardare indietro, qual è stato il momento più duro?

Sicuramente l’investimento iniziale, in termini di tempo e risorse economiche. Ma sono sicura che le soddisfazioni sapranno ripagarmi di tutti gli sforzi. 

Come scegli tessuti e materie prime per le tue creazioni?

Con cura, prediligendo la qualità, ma soprattutto col cuore, perché sono il manifesto della creazione stessa e devono esaltarne il valore. 

Dai tuoi post traspare questa voglia di entrare in contatto con chi ti segue. Quanto pensi sia importante instaurare un rapporto con chi legge e compra i tuoi prodotti?

Fondamentale. Tanto più, vista l’intimità che porta con sé questo genere di attività; creare abiti su misura mette in diretto contatto produttore e consumatore, ed è fondamentale saper comunicare, ma ancora di più, saper ascoltare e osservare ciò che esprime il cliente. 
La mia, ad oggi, non si può considerare una vera e propria attività imprenditoriale, ma spero al più presto di poter realizzare il sogno di aprire un piccolo atelier e “trasformare i bruchi in farfalle”, con un “semplice” capo su misura. 

Che consiglio daresti alle donne che hanno la tua stessa passione?

Siate coraggiose e seguitela, ovunque vi porti. Poter esprimere la propria creatività è una medicina per anima e corpo. 

Collabori con altre donne che hanno un’attività simile alla tua? Quanto pensi sia importante una rete di donne unite per valorizzare l’handmade?

Sono ancora agli inizi, perciò non ho ancora avuto occasioni per collaborare con altre creative, anche se sono fermamente convinta che sia molto utile, al fine di valorizzare ed incentivare l’handmade. È un settore davvero ampio, ma ancora poco considerato; dopo diverse esperienze, soprattutto partecipando a mercatini nel corso degli anni, mi sento di dire che è come una grande famiglia e collaborare, sostenersi a vicenda, è necessario: condividendo la stessa passione poi, diventa un piacere! 

C’è una creazione alla quale sei particolarmente legata? Magari perché l’hai realizzata in un periodo particolare della tua vita o perché a ispirarti è stata una persona per te importante.

Tutte, ma di sicuro, il primo “vestito” ricavato da una vecchia tovaglia natalizia, mi ricorderà sempre, strappandomi ogni volta un sorriso, da dove sono partita e con quali intenzioni, dandomi la forza nei momenti difficili per non arrendermi, reinventandomi sempre!

Senza categoria

La creativa nomade: la storia di “Nonna Papera”

Un filo rosso che porta al cucito, al mondo dell’handmade fatto di aghi e stoffe, strumenti terapeutici che possono portare alla felicità. È riassunto qui il racconto della settimana di donneinstoffa: è la storia di Elisabetta e del suo “Nonna Papera”.

Un’impiegata ma prima ancora una bambina divenuta donna e mamma. Una ragazza con la fantasia che corre, che ama esplorare, conoscere e provare ma senza mai poter dire di non averci provato e di aver sbagliato in caso negativo. Elisabetta, 31 anni,  della provincia di Bologna è tutto questo e tanto altro: è una creativa nomade, come si definisce lei, che ha trovato “casa” nel cucito, tra stoffe e bottoni.

L’uncinetto, il chiacchierino ad ago e il mosaico per cominciare. Quella macchina da cucire che chiama non attende risposte a lungo termine. Una risposta che arriva, che si traduce in “Nonna Papera” in un nome che sa di saggezza, di anni di sacrifici economici e di tempo materiale, di ore passate a ricercare la giusta qualità di tessuti da offrire alle proprie clienti, destinatarie di messaggi espressi tramite gli abiti realizzati.

Cucire non solo come hobby ma come cura, come rifugio sicuro quasi fosse un confidente, uno psicoterapeuta al quale affidare i propri pensieri. È una filosofia che fa dell’handmade qualcosa di più profondo del semplice lavoro manuale, rendendolo strumento concreto per poter esprimere il meglio di sé stessi, donando ad altri un pezzo del proprio cuore, della propria creatività.

È una storia che insegna ad essere intraprendenti, quella di Elisabetta. È il racconto di un progetto che si prepara a diventar grande, a trasformarsi da bruco in farfalla, come dice la nostra protagonista nell’intervista che ci ha concesso. Un’intervista quasi toccante, parole che fanno riflettere e che, se vorrete, vi aspettano venerdì 20 settembre sempre qui, sempre sul blog di donneinstoffa.

Qui sotto, intanto, vi lasciamo i contatti di “Nonna Papera”

Elisabetta – Nonna Papera

Instagram: http://www.instagram.com/nonnapaperadielisabettab

Le interviste

A tu per tu con la sarta che cuce con gioia…

Abbiamo fatto qualche domanda a Sara, protagonista della settimana di donneinstoffa con il suo “Sciusciaria”. CuriosI di sapere cosa ci ha raccontato? Buona lettura!

Qualche parola per descriverti.

Salve mi chiamo Sara sono una sarta  siciliana quarantenne e mamma di tre ragazzi: Gabriele 21 anni , Andrea 18 e Stefano 8. La mia famiglia si e’ formata molto giovane , ma le nostre passioni si sono realizzate lo stesso, infatti dopo essermi diplomata ragioniera ho intrapreso la mia vera strada: il cucito.
Questa passione sin da piccola mi e’ stata tramandata dalla mia bis nonna,(era la sarta del mio paese, e insegnava a cucire alle ragazze). Infatti dopo il diploma e aver fatto altri corsi professionali di cucito, mi sono messa subito al lavoro, nel mio laboratorio di casa, facendo riparazioni, cucito creativo lavori per saggi ecc.. lì ho fatto la famosa gavetta, ho imparato tantissimi trucchi  del mestiere, a capire le esigenze delle clienti e a sapermi approcciare a loro e a consigliarle, conoscere i difetti su un capo e saperli togliere. Quando avevo qualche difficolta’ o tanto lavoro la bis nonna Maria mi aiutava  in laboratorio. Bellissimi tempi, indimenticabili.
Come è nata la passione per l’handmade? Quando e in che modo è diventata una vera e propria attività imprenditoriale?

Oltre alle riparazione mi dedicavo a creare novita’. Ho un carattere molto calmo ma dentro sono molto evolutiva, non mi fermo mai ,adoro creare, inventare ,studiare e mettermi in gioco,il cucito mi da gioia   e  tanti stimoli. cosi’ e’ nato il mio brand…
 “Sciusciara”  deriva dalla parola sicula “ciuciara” che significa piacere nel vestirsi bene, nel saper abbinare,e’ un complimento (quando ero piccola me lo dicevano sempre, perche’ mia nonna mi cuciva tanti vestiti ed io adoravo sfoggiarli ), poi ho aggiunto le due “s” del mio nome ed e’ nato il mio brand.
Sciusciara e’ una piccola attivita’ artigianale che si affaccia al mondo digitale, sono delle bluse in stile modern vintage, uno stile ispirato agli anni 50′- 60′ e reinterpretato nel nostro periodo. Adoro lo stile retro’ perche’ i capi erano creati con cura, infatti le mie creazioni sono per le clienti che vogliono  reinterpretare quello stile, ricordare quei momenti ed essere elegante. Sono dei piccoli gioielli sartoriali che  difficilmente saranno conservati in soffitta, ideali per tutte le stagioni e con tanti abbinamenti. Sciusciara ancora è agli inizi , infatti ho tante creazioni future in serbo.
La soddisfazione delle clienti quando indossano le bluse e sono soddisfatte del loro acquisto, mi riempie di gioia perche’ indossano qualcosa di unico non fatto in serie e con un tessuto fresco come la viscosa.

Se dovessi guardare indietro, qual è stato il momento più duro?

Il momento difficile e’ stato non molto tempo fa, per varie situazioni familiari di salute non riuscivo a gestire piu’ il laboratorio con le clienti cosi’ a malincuore non ho fatto piu’ riparazioni. E’ stato un periodo molto difficile perche’ era un lavoro che facevo da diversi anni, ormai ero una sarta affermata nella mia citta’, tutti quelli che mi conoscono sanno che ho un amore incondizionato per il cucito, non riuscivo a vedere il mio laboratorio con la luce spenta, non era mai successo, si perche’ Sara era sempre lì, tra  le sue stoffe, bottoni, fili. È proprio in quel periodo sono nate le  bluse sciusciare, sono rinata, mi sento realizzata.

Come scegli tessuti e materie prime per le tue creazioni?

Per avere un buon risultato e’ importante la scelta della materia prima, cerco di scegliere dei tessuti a poco impatto ambientale, tessuti naturali. Alcune creazioni sono realizzate su scampoli, le clienti possono scegliere il modello e anche il tessuto. Adoro la viscosa ,la sua consistenza, i colori che risaltano,  e’ ideale per tutte le stagioni.

Dai tuoi post traspare questa voglia di entrare in contatto con chi ti segue. Quanto pensi sia importante instaurare un rapporto con chi legge e compra i tuoi prodotti?
Ogni volta che pubblico qualcosa on line prima ancora di scegliere la foto ,racconto le sensazioni che ho avuto nella creazione, a cosa mi sono ispirata, cerco di trasmettere in modo naturale l’amore e la cura che  ho avuto nella realizzazione , e cosi’ si instaura un bel rapporto con chi mi segue, raccontando e farsi conoscere. Le creazioni dei piccoli artigiani che siano collane, vestiti , bluse sono come dei quadri in cui il pittore ti porta attraverso il dipinto dove e’ stato lui, ti fa vedere attraverso i suoi occhi cose o posti unici. Solo cosi’ possono essere apprezzate , piaciute e amate le cose artigianali.altrimenti sarebbe un lavoro di serie e passivo.

Che consiglio daresti alle donne che hanno la tua stessa passione?

Il consiglio che mi sento di dare alle nuove sarte è aprire gli orizzonti, reinventarsi sempre, anche se si sta nello stesso posto, non tenere mai la creativita’ ferma, esplorare. Sono una tipa che guarda tutto, anche le cose che non mi interessano perche’ a volte e lì che porta l’ispirazione e l’idea. Non e’ tutto felice e facile ci saranno sempre i giorni e il periodo no, ma se il cucito è amore e passione dara’ di nuovo la forza di ricominciare  e riprendere alla grande.

Collabori con altre donne che hanno un’attività simile alla tua? Quanto pensi sia importante una rete di donne unite per valorizzare l’handmade?


Ancora non ho avuto il piacere di collaborare con un’altra appassionata come me, ma sono molto fortunata perche’ ho molte amiche creative anche on line con cui ci consigliamo, ci sosteniamo, aiutiamo a vicenda. Quando conosco una nuova sarta e’ una gioia per me, perche’ tenere le proprie idee per sè non si cresce e non si fa crescere, invece la condivisione e’ una grande realta’  e scoperta.
Quando posso realizzo dei tutorial o video in cui do dei trucchetti di cucito, oppure spiego alcuni accessori che utilizzo per avere un lavoro ottimale.

C’è una creazione alla quale sei particolarmente legata? Magari perché l’hai realizzata in un periodo particolare della tua vita o perché a ispirarti è stata una persona per te importante.

Una creazione a cui sono particolarmente legata sono le mie casette in feltro. Circa otto anni fa, dopo la nascita di Stefano, avevo messo una pausa in laboratorio perché era difficile gestire tutto l ‘allattamento, la casa i figli e l’attivita’ di mio marito( gestisco anche il lato burocratico dell’impresa edile di mio marito). mi trovai un pezzetto di feltro tra le mani e scatto l’idea., ancora  era l’inizio di questo materiale , non era conosciuto come ora. Cosi’ un giorno pensando al calore della famiglia, e al lavoro che faceva mio marito, nacquero le casette in feltro.mi sono ispirata alle case siciliane, infatti con alcune tegole piccole in miniatura mettevo la via della casa in cui mi ispiravo e il numero civico. per realizzarne  una ci volevano ore, era tutto tagliato a mano , finestre foglie, porte e poi tutto cucito.avendo la passione anche per la lettura ,un giorno  trovandomi in libreria dove lavorava una mia amica, le racconto di queste creazioni , lei mi prende per pazza e mi chiede di portargliele al negozio per esporle , e cosi feci. Furono un boom, appena li portavo, la gente li comprava, c’era molta richiesta ma non avevo molto tempo per farli, perche’ dovevo gestirmi la casa e tutto il resto.furono cercate per portaconfetti, portapannolini, come bomboniera, ecc. Poi iniziarono a farle tutte e non ne feci piu’. Pero’ le casette mi aiutarono tanto ,ebbi tantissime soddisfazioni, e fu anche un’opportunita’ per farmi conoscere di piu’. molte clienti provengono dalle casette (si perche’ poi le chiedevano informazioni, chi ero, cosa facevo) quest’anno la fidanzata di Gabriele, Francesca ha fatto gli esami di maturita’ e voleva rappresentare l’esperienza dello stage che aveva fatto, i  momenti che ha trascorso con dei bambini in asilo. Cosi’ abbiamo realizzato la casetta reinterpretando la scuola, mettendo il nome della scuola,  e all’interno  ha messo le foto dell’esperienza, i professori sono rimasti sbalorditi ed io ero strafelice.

Le storie

La sarta che cuce con gioia: la storia di Sciusciaria

Una carica esplosiva davvero forte; una donna, una mamma, una sarta che ama il suo lavoro e da sempre cerca di migliorarsi per lei e per le sue clienti. Una bella storia quella che donneinstoffa porta in scena questa settimana: la storia di Sara e della sua “Sciusciaria”.

“Ciuciaria”, in siciliano, è un complimento che indica il “piacere nel vestirsi bene”, nel saper abbinare. Aggiungendo la S di Sara diventa proprio “Sciusciaria”, punto di partenza e di arrivo della nostra protagonista, sarta per tradizione – tramandata da nonna e bisnonna- e per vocazione, per indole naturale che provoca gioia e soddisfazione cucendo ogni giorno della propria vita.

Momenti brutti, come per tanti, non mancano. Trovare sempre lo spirito adatto per rialzarsi, però, non è da tutti. Lo è sicuramente per Sara, donna forte e con la voglia di mettersi in gioco in ogni nuova sfida, in ogni nuovo capo che confeziona per le proprie clienti, capaci di farla star bene semplicemente indossando quelle creazioni lavorate minuziosamente, partendo dalla scelte dei migliori tessuti e aggiungendoci manualità e tanto impegno quotidiano.

Sciusciaria è un progetto che guarda al vintage anni 50 e 60 ma che si proietta nel digitale, nel mondo dei social dove poter condividere sensazioni, dove poter raccontare e raccontarsi a chi potrebbe portare feedback sui progetti realizzati e su quelli in cantiere. Lo sa bene Sara, sarta sempre in cerca di quel qualcosa in più per andare avanti, per non tenere ferma la propria creatività.

Un domani, la nostra protagonista, si vede fonte di trasmissione del sapere accumulato negli anni di tanto lavoro e di tanti sacrifici, per lei e per la famiglia alla quale è molto legata. Ci ha raccontato tanto di lei e della sua attività, Sarà. Sono parole che abbiamo raccolto per voi e che, se vorrete, vi aspettano venerdì 13 settembre sempre qui, sempre sul blog di donneinstoffa.

Qui sotto, intanto, vi lasciamo tutto l’occorrente per curiosare nel mondo di “Sciusciaria”.

Sara Susine – Sciusciaria

http://www.instagram.com/sciusciaria

Le interviste

A tu per tu con le artigiane con l’handmade nel sangue…

Abbiamo fatto qualche domanda a Rosa e Anna, protagoniste della settimana di donneinstoffa con il loro progetto “La sartoria rosa”. Curiosi di sapere cosa ci hanno raccontato? Buona lettura!

Chi siete? Qualche parola per descrivervi.

La Sartoria Rosa nasce per scherzo, “babbiannu” come si dice in siciliano, un pomeriggio d’estate. Due donne, una mamma ed una figlia, siciliane. La prima parla con la macchina da cucito, come fosse la migliore amica, e ci parla da anni ormai. L’altra sperimenta con le stoffe, le fantasie ed i disegni da quando, a mala pena, teneva una matita in mano.

Come è nata la passione per l’handmade? Quando e in che modo è diventata una vera e propria attività imprenditoriale?

A dir la verità non si tratta ancora di una vera attività, diciamo che troviamo il tempo, dopo il lavoro vero, di fare anche questo. Il fatto a mano, nel nostro caso, l’abito sartoriale, lo abbiamo nel sangue. Proveniamo da una famiglia di sarte che si cucivano i vestiti da sole.

Se doveste guardare indietro, qual è stato il momento più duro?

Adesso. Siamo partite con tanto entusiasmo e ci crediamo ancora, ma in pochi comprendono l’unicità del fatto a mano, della gonna sartoriale. Stiamo cercando di farci strada.

Come scegliete tessuti e materie prime per le vostre creazioni?

Ricerchiamo le tendenze e seguiamo la moda, anche se alla fine facciamo a naso. Giriamo per i negozi di tessuti e per i siti più sconosciuti alla ricerca delle stoffa non vista e unica.

Dai vostri post traspare questa voglia di entrare in contatto con chi vi segue. Quanto pensate sia importante instaurare un rapporto con chi legge e compra i vostri prodotti?

Importantissimo, ogni like o condivisione è motivo di orgoglio.

Che consiglio dareste alle donne che hanno la vostra stessa passione?

Di seguirla e perseverare.

Collaborate con altre donne che hanno un’attività simile alla vostra? Quanto pensate sia importante una rete di donne unite per valorizzare l’handmade?

Moltissimo. Compriamo sempre dalle colleghe dell’handmade. Vale la stessa regola, il fatto a mano è unico, soprattutto quello che fanno gli altri e che può ispirarti.

C’è una creazione alla quale siete particolarmente legate? Magari perché l’avete realizzata in un periodo particolare della vostra vita o perché a ispirarvi è stata una persona per voi importante.

Siamo legate ad ogni gonnellina che realizziamo, perché crediamo che ognuna abbia qualcosa che la accomuna con la persona che la sta comprando. Forse una, anzi tre in particolare ci sono care. Un unica gonnellina nella versione mamma, figlia, altra figlia piccolissima (15 giorni). La stoffa doveva esprimere brio e complicità, ma soprattutto affetto, quello di una mamma per le sue due figlie piccolissime. E così è stato, è nata “Ciurusa”.

Le storie

Le artigiane con l’handmade nel sangue: la storia de “La sartoria rosa”

Il calore e i colori del Sud, della Sicilia terra ispiratrice di tante storie come sfondo. Due donne, un racconto che parte dalla passione e che punta a trasformare un impulso forte per l’handmade in un progetto lavorativo a 360 gradi. È una storia con tanti spunti di riflessione quella che donneinstoffa porta in scena questa settimana: è la storia de &La sartoria rosa&.

Una famiglia di sarte, una mamma che &parla& con la sua migliore amica, una macchina da cucire; una figlia con una propensione naturale per la sartoria, per i tessuti, i modelli e l’handmade. Una passione troppo forte per rimanere solo tale: nasce così, quasi per scherzo, &La sartoria rosa&, progetto tutto al femminile che guarda avanti e punta a trasformarsi in qualcosa di sempre più grande.

Dedizione, cura dei dettagli e impegno quotidiano come ingredienti base della sartoria. Puntare tutto nella ricerca dei tessuti è un mantra, girando per negozi alla ricerca dell’unicità, di quel valore aggiunto che possa far combaciare alla perfezione le gonne realizzate con le persone che le indosseranno.

Credere nella collaborazione al femminile come valore indiscutibile per le nostre protagoniste, convinte quanto mai della forza dell’handmade, anche quando nessuno o quasi sembra averne la giusta consapevolezza. Ci hanno raccontato molto di loro e dei loro progetti, presenti e futuri. Sono parole che abbiamo raccolto per voi e che, se vorrete, vi aspettano venerdì 6 settembre sempre qui, sempre sul blog di donneinstoffa.

Qui sotto, intanto, vi lasciamo i contatti delle nostre protagoniste per poter curiosare nel loro mondo, il mondo de &La sartoria rosa&:

Facebook: http://www.facebook.com/LaSartoriaRosaShop/

Instagram: http://www.instagram.com/lasartoriarosa/