Le interviste

A tu per tu con la sarta boschiva…

Abbiamo fatto qualche domanda a Cristina, la sarta “boschiva” protagonista, con il suo “Atelier sul Brenta”, della settimana di donneinstoffa. Buona lettura!

Qualche parola per descriverti.
Mi chiamo Cristina, sono alla soglia dei 40 e vivo sommersa di natura, animali e letteratura. 

Come è nata la passione per la sartoria? In che modo e quando l’hai resa una vera e propria attività imprenditoriale?

Ho sempre voluto farmi i vestiti da sola ma non mi ci ero mai messa seriamente fino a qualche anno fa (5 o 6), in cui mi sono iscritta ad una scuola di sartoria, mi sono messa a studiare e a praticare dalla mattina alla sera finché non ho imparato come volevo. Non pensavo ne avrei fatto un lavoro ma è stata una conseguenza naturale, praticamente quando ho iniziato a cucire non ho mai smesso. 

Se dovessi guardare indietro, qual è stato il momento più duro?

I momenti duri in un’attività in proprio ci sono sempre e non smettono mai. All’inizio pensavo che una volta avviata l’attività fosse tutto in discesa e invece bisogna sempre fare i conti con la creatività, con le entrate non fisse, con un sistema di tassazione che non aiuta, con le mille problematiche che ci sono in ogni ambito lavorativo ma che qui bisogna sempre saper risolvere da soli. 

Nella tua biografia dici di cucire abiti “ispirati alla via nei boschi”, inoltre nei vari post si nota questo tuo forte legame con la natura. Ci vuoi raccontare un po’ di queste tue scelte?


Nasco selvaggia. Di fatto proprio. Non mi sono mai sentita pienamente a mio agio in città e da sempre ricerco questo contatto con la natura che è selvatico, primordiale. Sono una persona molto solitaria, forse questo aiuta quando si vive isolati. 

In qualche post hai affermato di avere un “cuore nostalgico”. A cosa è dovuta questa nostalgia?


Secondo me è un po’ karmica perché ce l’ho da che ho memoria. Ho studiato (e continuo a studiare nel tempo libero) storia. Credo che la figura della storica e dello storico siano fortemente nostalgiche e guardino perennemente al passato, anche quando analizzano il presente ed il futuro. Diciamo che nel passato ci sguazzo e il futuro mi spaventa. Ma ci sto lavorando. 

Dai tuoi post traspare questa voglia di entrare in contatto con chi ti segue. Quanto pensi sia importante instaurare un rapporto con chi legge e compra i tuoi prodotti?


E’ molto importante, altrimenti ce la facciamo e ce la raccontiamo. Mi piace vivere la mia attività come fosse una piccola sartoria di paese dove le donne vengono non solo ad acquistare un abito ma anche a parlare della loro vita, a condividere gioie e dolori. Non so se ve lo ricordate, ma c’è un film che amo “fiori d’acciaio”, dove Dolly Parton ha un salone di bellezza che è anche luogo di incontro delle donne del paese. La mia sartoria vorrei diventasse così. 
Mi piace molto stare con altre donne, le donne sono mie amiche e la sorellanza è una cosa che sento molto. Chiamiamola sartoria-gineceo. 

Che consiglio daresti alle donne che hanno la tua stessa passione?

Non so se consiglierei di farla diventare un’attività in proprio perché non credo sia per tutte, ma se la passione è il cucito direi di non abbandonarla mai e di condividerla con le proprie figlie.


I tuoi abiti hanno diversi nomi, in base a cosa li scegli?


Fino a poco tempo fa li chiamavo come eroine della letteratura, oggi li chiamo come gli alberi, le piante e gli animali che mi circondano. 


C’è un capo al quale sei particolarmente legata? Magari perché lo hai realizzato in un periodo particolare della tua vita o perché a ispirarti è stata una persona per te importante.


Non so se c’è un capo a cui tengo di più. La risposta scontata sarebbe Emma, un abito che faccio dagli inizi dell’attività e che continuo a fare. Ma secondo me è solamente perché piace, è apprezzato, e va bene in qualsiasi stagione. Sinceramente gli abiti che amo di più sono quelli che devo ancora realizzare. 

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